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ESPAÇO PEDAGÓGICO
v. 27, n. 2, Passo Fundo, p. 585-594, maio/ago. 2020 | Disponível em www.upf.br/seer/index.php/rep
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Diálogo com educadores
Ma con i bambini non funziona così. Prima di tutto i bambini non votano e quindi
perdono questa arma nei confronti che chi ha potere. In secondo luogo i bambini
non hanno fiducia nelle loro idee perché sanno che gli adulti si aspettano da loro
che le abbandonino il più presto possibile per giungere ad atteggiamenti e modi di
pensare adulti. Quindi, la reale partecipazione dei bambini avverrà solo se chi ha
potere, nel nostro caso il sindaco, il direttore della scuola, il primario dell’ospedale,
sentiranno la necessità e l’urgenza di conoscere il parere, il punto di vista dei
bambini perché ne hanno bisogno per rendere la città, la scuola, l’ospedale migliori,
adeguati alle esigenze di tutti, a partire dai bambini.
Considerando la propria condizione umana, poiché furono anche loro bambini,
gli adulti avrebbero a loro disposizione risorse interne per non stabilire o non
ripetere interazioni di padronanza, dispettose e abusive con figli, studenti e altri
bambini. Dall’organizzazione di scuole e classi, per esempio, che non fa attenzione
all’espressività corporale, alla mobilità necessaria alla scoperta del mondo, o
ancora l’imposizione di troppi compiti che prendono un bel tempo da apprendimenti
importanti. Questa incoerenza che allontana i bambini dalla loro partecipazione in
città, che mette la vita dei bambini e gli ambienti naturali in lati oposti, potrebbe
essere affrontata e superata o siamo condannati a essa?
Ho già citato la frase di Saint-Exupéry e credo che sia veramente una specie
di maledizione della condizione di adulti: dimenticarsi della propria infanzia e
ripetere con i nostri bambini figli, alunni, vicini di casa, pazienti ecc. tutto quello
che da bambini non abbiamo capito, non abbiamo condiviso e ci ha fatto soffrire:
mangiare quello che non piace, giocare meno del necessario, essere sempre vigilati e
accompagnati, passare ore del pomeriggio a fare i compiti di scuola invece di giocare.
E molto altro. E di fronte a tutto quello che non capivamo e non condividevamo la
frase risolutiva: “Quando sarai grande capirai”. E forse era proprio vero perché da
gradi si fa esattamente come i grandi facevano quando noi eravamo piccoli.
Ci sono tante prove del fatto che l’attuale sistema di istruzione per bambini
non risponde ai loro bisogni di partecipazione, non riconosce e non considera le loro
caratteristiche e capacità, non garantisce ambienti inclusivi in cui tutti possono
crescere, imparare, giocare e consolidarsi pienamente. Anche questo coinvolgerebbe
una scuola che non teme la diversità. Nel caso del Brasile, e non solo, abbiamo
bambini che dai primi anni di vita restano fino a 11 ore al giorno in queste istituzioni.